La Hunziker che torna a lavorare dopo quattro giorni dal parto e...tutti a dire brava, ad applaudire. Ci fu già un caso famoso, la Gelmini. Non so se vi ricordate... "Neppure un giorno a casa" promise sorridendo l'allora ministro Mariastella Gelmini.
Pare che la classe politica, quella dello spettacolo, insomma quella che "fa tendenza", sia tutta impegnata a dire e dimostrare alle (altre) donne che loro sì che amano il proprio lavoro. «Neppure un giorno a casa». Libere di fare come preferiscono. Tuttavia, però, vorremmo solo dire a queste donne, in amicizia, una cosa: vi perdete, in quest’ansia di tornare a 'produrre', qualcosa di molto grande. Vi perdete le vostre ore più belle. È un privilegio ormai, in questi tempi di precariato, potersi concedere di fermarsi per un figlio. È quasi un lusso. Ma a mia figlia, se mai ne avrò una, quando sarà grande, dirò: prenditi tutto il tempo che puoi, consuma questi giorni in pace. Guardati, abbracciati il tuo bambino. Queste ore non torneranno. Prenditi il tempo di stringertelo addosso: guarda come istintivamente ti si rannicchia fra le braccia, cercando ancora l’eco del battito del tuo cuore. Guardalo, e lasciati riempire di stupore: nove mesi fa non c’era, e ora è un uomo. Non è sbalorditivo? Germinato da un seme invisibile. Perfetto, e sì che tu di lui non avresti saputo fare neanche un capello. Trattieni il fiato: quel tuo figlio fra le braccia, è un mistero. Annusalo: sa di latte, di cucciolo. Ma già fra pochi giorni il suo sguardo si illuminerà incontrando i tuoi occhi. Non lasciarti rubare quello sguardo da nessuno. Niente vale quel suo primo riconoscerti, quel tacito dirti: eri tu, quel buio morbido che mi abbracciava. Guardalo. Guardagli le mani, così incredibilmente piccole; e senti come afferra e stringe forte il tuo dito, come ci si avvinghia. Impara come lo calma la tua voce. Guardalo ancora. A chi somiglia? Ritrovargli negli occhi lo stesso sguardo di tuo padre, o nei capelli i colori di un nonno. I geni che arcanamente si declinano, memori, nel tuo bambino. E lui, lui che – è straordinario – è te, e insieme l’uomo che ami. Piange. Ha fame a tutte le ore. Ti avranno detto: un figlio, che fatica. Ti avranno detto delle notti in bianco. Vero, ma non si parla mai del resto: di cos’è, di quanto è grande stringersi addosso questo piccolo straniero. Se la fa addosso, urla, ha bisogno di tutto. Ma te ne innamorerai pazzamente. Non perdere i primi giorni di un grande amore. Succhia, avido, e poi crolla addormentato. Tientelo stretto ancora un momento. Fermati a scoprire con meraviglia che ogni uomo al mondo è stato, un giorno, come tuo figlio stanotte: un bambino inerme fra le braccia di una mamma, la sua mamma. Se lo capisci, non guardi più agli altri come prima. Sei quasi sottilmente cambiata. È un’altra donna, quella che incroci allo specchio con quel neonato fra le braccia. Come avendo per un istante sperimentato cos’è, la misericordia; che vuol dire, in ebraico, 'amare con viscere materne'. Gusta gli attimi, non avere fretta, contempla ciò che ti è accaduto. Hai avuto un dono. Esserne felice è già il principio di una gratitudine. (E chi è grato, è lieto). Il lavoro è una cosa bellissima, è una cosa importante. Ma non lo è tanto da rinunciare ai primi mesi con tuo figlio. Sono tuoi, ti appartengono. Sono un privilegio – sì, privilegio, anche se oggi non si usa dirlo, anzi, – delle donne: la straordinaria gioia di mettere al mondo, dalla propria carne, noi capaci di nulla, un uomo. Signora ministro, auguri. Se lo goda almeno un po’, il suo bambino. Tutto, di fronte a lui, può attendere. Non si perda l’inizio di un grande amore.
A questo aggiungo il link del Bambino Naturale che oggi ci ricorda che in tutto questo non c'è in gioco solo la mamma, ma un altro essere, il bambino!